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- Realizzate e decorate a mano dai ceramisti di Caltagirone
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Entrando a Caltagirone da via Roma si incontra il teatrino, un belvedere sulla città costruito alla fine del settecento; dal “teatrino” si accede all’importante Museo della Ceramica (aperto tranne il lunedì dalle 9 alle 14 nei giorni feriali e dalle 9 alle 13 nei giorni festivi).
Sempre in via Roma si trovano la Chiesa e l’ex Convento di S. Francesco di Paola (oggi sede di un ospedale); proseguendo ancora, in uno slargo, si erge la Chiesa di S. Francesco d’Assisi (1226, ricostruita dopo il terremoto del 1693), con tele di Francesco e Giuseppe Vaccaro; più avanti si trova la Chiesa di S. Agata e vicino l’ex carcere borbonico, progettato da Natale Bonajuto e costruito alla fine del Settecento oggi è sede del Museo civico (aperto dalle 8.30 alle 13.30 – Domenica 10 – 12, chiuso il lunedì); in piazza Umberto I sorge il Duomo (normanno, rifatto all’inizio del Seicento; la facciata, demolita nell’Ottocento, è stata ricostruita in stile floreale verso i primi del Novecento).
All’interno tele dei fratelli Vaccaro, un Crocifisso ligneo quattrocentesco, una Madonna col Bambino, statua di scuola gaginesca e un bel coro ligneo intagliato. In piazza Municipio il Palazzo Senatorio (fine Quattrocento), oggi sede della Galleria Sturzo.
In largo S. Salvatore si trova la Chiesa omonima, con una Madonna col Bambino attribuita ad Antonello Gagini. Nella chiesa è anche il sacello ove sono deposte le spoglie di Luigi Sturzo.
Di fronte si trova la Chiesa del Rosario, con resti di un grande pavimento in maiolica. In via Sturzo sorge poi la Chiesa di S. Giorgio (1030, ricostruita dopo il 1693), con una importantissima Trinità, tavola di scuola fiamminga attribuita a Rogier van der Weiden.
In via S. Agostino si trova la Chiesa di S. Nicola oggi sede del Museo Etnologico Siciliano.
Vicino il Museo si erge la chiesa di S. Maria del Monte (XII sec. 1542 e 1693) con una Madonna di scuola gaginesca, un Cristo ligneo cinquecentesco, due tele dei fratelli Vaccaro e una Madonna, tavola bizantineggiante.
Interessante è il Tesoro della chiesa, con diverse opere di oreficeria. Dalla Chiesa parte la grande scalinata che scende dalla città alta verso quella bassa, costruita nel 1608 e rivestita in anni recenti di maioliche policrome.
In via Trigona sorge la chiesa di S. Giacomo (1090 e 1693): all’interno diverse belle decorazioni in pietra intagliata opere dei Gagini, una Statua di S. Giacomo di Vincenzo Archifel (1518), due tele di Filippo Paladino.
Vicino la piazza del Municipio si trova Palazzo Gravina, con una balconata tardo rinascimentale con decorazioni gaginesche. In viale Principe Umberto si trova la Chiesa di S. Maria di Gesù (1422 e 1693), con un campanile in ceramica, un soffitto a cassettoni, una Madonna della Catena di Antonello Gagini e un S. Antonio dipinto da Giovanni Portalone.
In via dei Cappuccini si trova la Chiesa dei Cappucini Nuovi. All’interno, un bel soffitto ligneo a capriate, un trittico di Filippo Paladino (1604), un Tabernacolo ligneo intarsiato (1608), un reliquiario ligneo intarsiato (1608), un reliquiario ligneo (1642) e tele di Fra’ Semplice da Verona (1647).
Indice dei Contenuti
La Storia di Caltagirone
Caltagirone, per la sua bellezza, era detta in antico “la regina dei monti”. La bellezza derivava dalla ricchezza, e quest’ultima dall’abilità degli artigiani della ceramica, che per di più non dovevano pagar tasse per un privilegio concesso loro.
Così i calatini potevano permettersi di ingaggiare i migliori artisti siciliani per rendere bella la città.
A Caltagirone dal Quattrocento al Seicento lavorarono i pittori Antonello da Messina, Nicola e Bernardino Nigro, Filippo Paladini, Giovani Portalone ed Epifanio Rosso, e poi gli scultori Domenico, Antonello, Antinino e Giandomenico Gagini, e gli intagliatori Scipione e Luca Di Guido, e infine gli argentieri Nibilio e Giuseppe Gagini.
Questi artisti crearono straordinari tesori, purtroppo in gran parte distrutti dal terremoto del 1693 così come i palazzi e le chiese. Ma i calatini avevano l’oro nelle mani e dall’argilla crearono le maioliche da vendere per ricostruire più bella ancora la loro città.
Così, sull’impianto urbanistico medievale nacquero chiese e palazzi barocchi. Di un barocco unico, perché arricchito da inserimenti in porcellana policroma. Caltagirone oggi è tutta un museo, da visitare nel primo pomeriggio, nel periodo dell’anno in cui l’aria comincia ad infuocare e costringe la gente a rintanarsi in casa a sonnecchiare.
Le facciate delle chiese splendono maestose al sole, e regalano una frescura dolce. Il duomo ha una storia strana. Venne costruito in epoca normanna, poi riedificato nel cinquecento, e quando non era stato ancora completato venne distrutto dal terremoto.
Risorse, poi, ma nell’Ottocento venne trasformata la facciata, nuovamente rifatta in questo secolo insieme con il campanile. Rappresenta un po’ la storia di Caltagirone, con quel desiderio di nuovo e di bello che c’è nella città.
Dentro il Duomo alcune delle creazioni più pregevoli dei fratelli Vaccaro, un Cristo morto in legno di Giuseppe e i dipinti di Francesco, e poi il tesoro di argenti preziosi e antichi. Ricoperta d’argento è anche la statua seicentesca di Sant’Antonio conservata nella chiesa di San Francesco d’Assisi vicina al Vescovado, di marmo invece è quella della Madonna di Monserrato attribuita ad Antonello Gagini e risalente al Cinquecento custodita nel tempio del Santissimo Salvatore, dove si trovano anche le ceneri di don Luigi Sturzo, il calatino fondatore del Partito Popolare.
Da vedere poi la chiesa di San Giorgio, con il soffitto decorato da affreschi settecenteschi, all’interno di essa – fatta costruire dai liguri che, liberata la città dai saraceni, vi si stabilirono – si trova una splendida tavola della Trinità attribuita al pittore fiammingo Rogier van der Weyden.
Ma l’elenco delle opere d’arte custodite nelle chiese calatine non è esaurito: in quella del Purgatorio si trova una grandiosa tela seicentesca di Epifanio Rosso, in quella di San Bonaventura un crocifisso in legno di fra’ Umile de Petralia e i preziosi legni intagliati dell’altar maggiore e della sagrestia, in quella di Santa Maria dal Monte un’immagine dipinta su tavola risalente al XIII secolo e raffigurante Santa Maria Conadomini, e una grande pala della Madonna d’Odigitria dipinta da Filippo Paladini nei primi anni del Seicento è conservata nel tempio dei Cappuccini, l’unica costruzione rilevante rimasta in piedi dopo il terremoto del 1693.
La Chiesa di San Giacomo
Un discorso a parte merita la chiesa del patrono San Giacomo, fatta costruire da Ruggero il normanno nel 1090, distrutta dal terremoto e riedificata seguendo la pianta originaria. Nel tempio, all’interno di una pregevolissima arca d’argento di Nibilio e Giuseppe Gagini sono le reliquie del santo, e nella chiesa è anche una copia del fercolo sulla quale sta la statua del patrono realizzata da Vincenzo Archifel nel 1517.
Ma ci sono altri due templi a Caltagirone che val la pena ricordare: la chiesa di San Pietro e quella di Santa Maria di Gesù. Sono infatti gli unici esempi di costruzioni sacre in cui la porcellana sostituisce il marmo, con un gusto finissimo e particolare. Lo si ritrova molto più rappresentato, questo gusto, nelle costruzioni civili: gli austeri palazzi, i funzionali muriccioli, risaltano dei vividi colori della ceramica degli straordinari “mastri” calatini.
Il maiolicaro Ignazio Campoccia e il plasticatore Angelo Mirasole per esempio, crearono per l’architetto siracusano Natale Bonajuto gli splendidi “pezzi” inseriti nel cosiddetto “Teatrino”, il belvedere costruito nel 1792 tra il bel Giardino Pubblico e il luogo in cui oggi sorge il Museo Regionale della Ceramica.
In quest’ultimo si trovano documentate la storia e lo sviluppo di quest’arte in Sicilia dalla preistoria al secolo scorso. In particolare vi sono conservati i pezzi medioevali che testimoniano le esperienze di invetriatura con piombo e stagno condotte dagli artigiani di Caltagirone.
La Ceramica di Caltagirone
La ceramica calatina infatti divenne grande per l’assommarsi delle esperienze dei popoli che abitarono questi luoghi: siculi, greci, arabi e spagnoli.
Oltre che nel Museo Regionale – dove si trovano le opere davvero straordinarie dei “mastri figurinai” Giacomo Bongiovanni e Giuseppe Vaccaro, zio e nipote – altri splendidi esempi di quest’arte antichissima sono conservati nel Museo Civico, che ha sede nell’antico carcere borbonico.
Qui sono custoditi anche il fercolo originale del patrono San Giacomo, intagliato nel 1598 da Scipione di Guido, una pregevole balestra medioevale riccamente decorata e una collezione d’argenti tra cui una pisside risalente al Cinquecento.
Da vedere poi anche l’antica Corte capitaniale, un elegante edificio a un solo piano ornato da Antonio e Giandomenico Gagini, sede oggi dello “Sporting club”.
Ma vi consigliamo di scoprire da voi Caltagirone, girando senza una meta precisa, imbattendovi negli splendidi palazzi, come quello dei Ventimiglia, con una particolarissima terrazza ornata da maioliche, e poi in archi, cortili, piazzette pavimentate “a basole” di granito.
E poi in ponti, e scale. Come quella a fianco del Municipio nuovo, al culmine della quale stanno la chiesa di Santa Maria dal Monte e il suo grandioso campanile. La “scalazza” la chiamano, ma non certo in senso spregiativo. Entrare nella piazza del Municipio e trovarsi di fronte questa grandiosa scalinata fa mancare il fiato.
Venne costruita nel Settecento ed era un tempo segnata da sbalzi che rendevano meno arduo il compito a chi, dalla nuova, doveva raggiungere la parte vecchia del borgo.
Nel 1844 le varie rampe vennero unificate secondo il progetto dell’architetto Salvatore Marino e nel 1954 la “scalazza” venne decorata con splendide mattonelle di porcellana policroma a cura di Antonino Ragona.
La Scalinata di Caltagirone
La scalinata, detta anche “dei centoquarantadue gradini” è tra l’altro protagonista di una festa, quella di San Giacomo, tra le più belle della provincia di Catania.
Ogni 24 e 25 luglio – ma anche in Maggio per la festa di Santa Maria Conadomini – essa diventa supporto per i fantasmagorici disegni luminosi “inventati” nel secolo scorso da un frate, Benedetto Papale, noto anche come presepista.
Il disegno si crea disponendo, secondo la mappa del progettista, circa seimila “coppi” di carta colorata a mano, sulle lucerne di terracotta riempite d’olio d’oliva e dotate di uno stoppino in cotone.
L’operazione dura un mese e viene guidata da un capomastro che dirige la cosiddetta “chiamata” del disegno. In luglio, per San Giacomo, lo spettacolo della “scalazza” illuminata viene preceduto da quello, altrettanto splendido, offerto dal disco rosso del sole che sparisce dietro la collina del “Castello delle grotte”.
Ultimo aggiornamento 2023-06-09 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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