Caltanissetta: Cosa visitare?

A Caltanissetta, in piazza Garibaldi, la Cattedrale (1570 – 1622) affrescata da Guglielmo Borremans; di fronte la chiesa di S. Sebastiano (Sec. XVI). Al centro della piazza, una vasa con un Cavallo marino bronzeo, opera dello scultore nisseno Michele Tripisciano (1890).

In Largo Barile sorge il grande palazzo Moncada (1635 – 1638), con delle mensole antropomorfe; in Corso Umberto I, la chiesa di S. Agata, o del Collegio (iniziata nel 1605). In via S. Domenico, la chiesa omonima (Sec. XIV, rifatta nel XVIII): sull’altare maggiore una “Madonna del Rosario” di Filippo Paladino (1614). In Via degli Angeli, la ex chiesa di S. Maria degli Angeli: vicino, su un roccione, i ruderi del castello di Pietrarossa.

In via Colajanni 3, il museo civico (aperto i giorni feriali dalle 9 alle 13.30) che contiene fra l’altro un raro modello in terracotta di un tempio (VII – VI Sec. a.C.), e un bel vaso greco proveniente da Marianopoli; in via colajanni 1 D il museo del folclore, in viale regina margherita al Palazzo Vescovile, il museo d’arte sacra.

Al n. 7 di viale della Regione all’Istituto Tecnico Minerario “Sebastiano Mottura” è annesso il Museo Mineralogico. Poco fuori Caltanissetta è la Badia di S. Spirito, aperta tutti i giorni dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 18. Sul monte S. Giuliano, la Statua del Redentore, di Ernesto Basile, che fu donata alla città da papa Leone X.

La zona delle Solfare è compresa tra Delia, Riesi e Sommatino; testimonianze dell’epoca delle miniere sono oggi principalmente contenute nel Museo Mineralogico di Caltanissetta. Un percorso che vada alla ricerca delle testimonianze archeologiche dovrà comprendere ilmonte Gibil Habil, con i resti di un insediamento del VI Sec. a.C.; contrada Vassallaggi, dove su cinque piccole colline si trovano i resti di un abitato che potrebbe essere l’antico Motyon, oggetto di scontri tra siculi e greci nel 450 a.C.; gli insediamenti di Sofiana, con un impianto termale databile dal I al IV Sec. d.C., e Monte Bubbonia con una fortificazione del VI sec. a.C..

Sabucina, con resti di capanne preistoriche e un muro di fortificazione; la zona di Monte Castellazzo e Monte Balate, difficilmente raggiungibili, e i cui reperti sono conservati nel Museo Archelologico di Marianopoli che si trova in piazza Garibaldi ed è visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 13.30.

Bionde golosità – di Eleonora Consoli

I funghi di “ferra”, i carciofi “spinusi”, una tipica verdura selvatica i “ravanastri”, divengono delizioso complemento per la pasta, oppure sono protagonisti di semplici piatti che hanno il pregio della gnuinità, della purezza.

In queste contrade, si mangiano i “gifagghiuni”, croccanti cuori di palma in insalata, le minestre di patate e peperoni e la trippa bollita si accompagna a un filo di olio d’oliva e a un mucchietto di sale relegato in un angolo del piatto. Vi si “bagna” il boccone, di volta in volta, per per compiere un rito scarno, ma prezioso nella sua semplicità.

Le polpettine di uovo sodo, profumate alla menta, piccole, tutte dorate, bionde golosità, arricchiscono gli spaghetti al pomodoro. Nelle antiche zolfatare, l’umile sarda salata si ricopre di una crosta di zolfo bollente, vi si cuoce dentro e – una volta liberata dall’involucro che la racchiude – ne viene fuori di un gusto diverso, più saporita, appena intaccata dall’odore tipico del minerale ma, forse per questo, più gradita al minatore per cui rappresenta il pasto frugale.

Ce ne parla lo scrittore Leonardo Sciascia, in un suo scritto sui ricordi d’infanzia trascorsi in questi luoghi.

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