Il nome “Zisa” di questo splendido castello situato nel cuore di Palermo, deriva probabilmente da “al-Aziz” che in lingua araba significa nobile, glorioso, magnifico.
Si tratta dunque di un edificio del XII secolo, risalente al periodo della dominazione normanna in Sicilia. La sua costruzione fu iniziata sotto il regno di Guglielmo I (il Malo) e portata a compimento sotto quello di Guglielmo II (il Buono).
La Zisa nasce come residenza estiva creata nelle vicinanze della città per il riposo e lo svago del sovrano.
I Normanni, subentrati agli Arabi nella dominazione dell’Isola, furono fortemente attratti dalla cultura dei loro predecessori, vollero così mantenere le ricche e fastose residenze degli emiri, conducendo una vita di corte su modello di quella araba.
Fu così che la Zisa, come tutte le altre residenze reali, venne realizzata alla maniera “orientale” da maestranze di estrazione musulmana, guardando a modelli dell’edilizia palazziale dell’Africa settentrionale e dell’Egitto.
Il palazzo della Zisa alle origini si trovava all’interno del grande parco reale di caccia del Genoard (paradiso della terra), che si estendeva a occidente della città, e ai tempi era ricco di splendidi giardini, irrigati ed abbelliti da fontane e grandi vasche, utilizzate anche come peschiere.
Nei secoli questo edificio reale subì numerose trasformazioni. Nel Trecento, fu realizzata una merlatura, distruggendo parte dell’iscrizione in lingua araba (a caratteri cufici) che faceva da coronamento all’edificio.
Radicali furono le trasformazioni seicentesche intervenute quando il palazzo, in pessime condizioni, venne rilevato da Don Giovanni di Sandoval, a cui risale lo stemma marmoreo con i due leoni, oggi posto sopra il fornice di ingresso.
Diversi furono anche i proprietari che modificarono a loro piacimento anche lo spazio esterno, soprattutto all’ultima elevazione dove furono realizzati nuovi vani sul tetto a terrazza, fu costruito un grande scalone e vennero modificate le finestre sui prospetti esterni.
Nel 1808, con la morte dell’ultimo Sandoval, la Zisa passò ai Notarbartolo, principi di Sciara, che la utilizzarono per usi residenziali fino agli anni ’50, quando la Regione Siciliana la espropriò.
IL MISTERO DEI DIAVOLI DELLA ZISA
L’elemento che attira di più i visitatori sono i così detti “diavoli della Zisa”. Si tratta di un affresco dipinto nell’intradosso dell’arco di ingresso alla sala della fontana, e raffigura personaggi mitologici detti “diavoli”.
Una leggenda popolare racconta che nel Castello è nascosto un tesoro in monete d’oro custodito appunto dai diavoli. Si dice che cambino sempre la loro posizione in modo da impedire a chiunque di contarli esattamente e quindi di risolvere l’enigma secondo il quale il tesoro verrebbe trovato qualora si indovinasse il numero esatto dei demoni.
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DA NON PERDERE
La Sala della Fontana, al piano terra, è di gran lunga l’elemento architettonico più caratterizzante dell’intero edificio, ha una pianta quadrata sormontata da una volta a crociera ogivale, con tre grandi nicchie su ciascuno dei lati della stanza, occupate in alto da semicupole decorate da muqarnas (decorazioni ad alveare).
Nella nicchia sull’asse dell’ingresso principale si trova la fontana sormontata da un pannello a mosaico su fondo oro, sotto il quale scaturisce l’acqua che, scivolando su una lastra marmorea decorata posta in posizione obliqua, viene canalizzata in una canaletta che taglia al centro il pavimento della stanza e che arriva alla peschiera antistante. In questo ambiente sono ancora visibili i resti di affreschi parietali realizzati nel 1600 dai Sandoval.
Nelle sale interne sono esposti alcuni significativi manufatti di matrice artistica islamica provenienti da paesi del bacino del Mediterraneo. Tra questi sono di particolare rilevanza le eleganti musciarabia (dall’arabo masrabiyya), paraventi lignei a grata (composti da centinaia di rocchetti incastrati fra di loro a formare, come merletti, disegni e motivi ornamentali raffinati e leggeri) e gli utensili di uso comune o talvolta di arredo (candelieri, ciotole, bacini, mortai) realizzati prevalentemente in ottone con decorazioni incise e spesso impreziosite da agemine (fili e lamine sottili) in oro e argento.
Purtroppo le vicissitudini del Castello sono state varie e non sempre felici e la sua costituzione architettonica ha risentito del trascorrere dei secoli e dello stato di abbandono in cui è stato.