Le Catacombe dei Cappuccini: Storia e Curiosità
Le Catacombe dei Cappuccini vengono fondate nel 1599, dai frati Cappuccini che si erano trasferiti a Palermo nel 1534. L’occasione è il ritrovamento casuale di una quarantina di corpi dei religiosi in una fossa comune, in stato di perfetta conservazione.
Questo evento, interpretato come miracoloso, diede vita a questo particolare tipo di sepoltura collettiva, originariamente riservato soltanto ai religiosi.
Il primo ad essere collocato fu Fra’ Silvestro da Gubbio, un frate laico mummificato nel 1599, un po’ il simbolo delle Catacombe.
Nel suo caso si parla di mummificazione e non di imbalsamazione, proprio perché per la maggior parte delle mummie venivano usate tecniche di essiccazione e materiali naturali per riempire le cavità corporee solo dopo l’essiccazione.
Con il tempo questa sepoltura si allargò anche ai benefattori dell’Ordine e a chi potesse permettersi le pratiche di imbalsamazione, che erano molto costose.
Potremmo dire che questo luogo rappresentava un po’ uno status symbol, attraverso cui le famiglie dimostravano le loro possibilità economiche. I corridoi di queste catacombe son divisi per categorie.
Troviamo la cappella dei bambini, e questo dimostra come realmente questo costume riguardasse ogni fascia di età. Poi abbiamo alcuni personaggi che popolano questo sito e che non hanno mancato di alimentare leggende e storie come solo i palermitani sanno fare. Uno di questi è Antonino Prestigiacomo: il cui corpo è stato imbalsamato, ossia è stato trattato con sostanze chimiche.
A partire dall’Ottocento, era usanza che le mummie avessero sempre più l’aspetto di persone vive: da qui l’uso di trucchi, belletti e di capsule vitree per gli occhi. Nel caso di Antonino Prestigiacomo, una leggenda vorrebbe che sia stato un dongiovanni morto in duello, e che abbia richiesto egli stesso l’applicazione delle protesi agli occhi per continuare a guardare le belle donne in visita alle Catacombe, anche da morto. Troviamo poi il corridoio delle donne.
Che ospita anche bambini. Il corridoio continua e si estende nel cosiddetto corridoio nuovo o delle famiglie, così detto perché vi sono raggruppate mummie da attribuire alla stessa famiglia, in questo corridoio troviamo: La bella addormentata di Palermo Rosalia Lombardo, la mummia più bella del mondo, una bambina morta a quasi due anni che conserva ancora perfettamente il turgore del volto e l’espressione serena di una dormiente.
Lunghi e accurati studi hanno permesso solo recentemente l’identificazione dell’imbalsamatore il palermitano Alfredo Salafia. l’uso delle Catacombe dura di fatto fino agli anni Cinquanta, anche se in linea teorica dal 1880 l’essiccazione e l’esposizione dei cadaveri non erano più permesse per legge.
A partire da quella data, infatti, era possibile il deposito dei corpi in cassa, purché questi fossero trattati chimicamente.
Abbiamo poi corridoio dei professionisti: qui si trovano figure della borghesia emergente come pittori e perfino uomini di teatro. E A metà di questo corridoio possiamo osservare l’ultimo colatoio rimasto visibile, questo ambiente favoriva l’essicazione del cadavere. Qui avveniva appunto il trattamento.
Poi troviamo il corridoio dei preti, dove possiamo ammirare i sontuosi paramenti ticici del rito greco, utilizzati nei paesi come Mezzojuso, Piana degli Albanesi, contessa Entellina. Agostino Franco, vescovo di Ermopoli. Altre due mummie molto interessanti, per le divise e per le parrucche posticce, sono quelle dei colonnelli Paolo Ragona e di Giulio Ascanio Enea.
Testo a cura di: Dario Piombino Mascali, Alessia Franco e Antonio Consales
immagini tratte dal libro: “Cenni storici della chiesa e delle catacombe dei cappuccini di Palermo” – Flaviamo D. Farella – Ed. “Fiamma Serafica” 1982.
UN PO’ DI STORIA
La sua costruzione risale probabilmente intorno al 1599 per opera dei frati Cappuccini i quali arrivarono a Palermo intorno al 1533, ottenendo una piccola chiesetta dedicata a S. Maria della Pace, fuori le mura della città.
Fin dal loro nascere, essi si sono da sempre occupati degli ospedali, dell’assistenza ai moribondi, e spesso erano chiamati per assistere gli eserciti sui campi di battaglia. Dunque urgeva costruire delle sepolture: la prima fu costruita nel lato meridionale della chiesa e si trattava semplicemente di una fossa; ben presto la fossa divenne insufficiente quindi iniziarono lo scavo di una seconda, dietro l’altare maggiore, dove si dice, vennero utilizzate antiche grotte.
Quando i frati traslarono i corpi dei loro confratelli seppelliti nella prima fossa, per portarli nella nuova sepoltura, furono trovati integri nonostante furono inumati sovrapponendoli gli uni agli altri senza cassa avvolti soltanto da un lenzuolo.
Ovviamente tale fatto suscitò scalpore tra i frati i quali non seppero dare una spiegazione a tale fenomeno.
Dal 1601, dato il gran numero di cadaveri che vi giungevano e soprattutto per le molte richieste di nobili di ottenere una sepoltura in quel luogo, spinsero i frati ad ingrandire l’area cimiteriale.
IL METODO DI CONSERVAZIONE DEI CAPPUCCINI
Il metodo adottato dai frati per la conservazione del cadavere era il più valido e ciò diede ai Cappuccini il privilegio di continuare a seppellire i cadaveri nonostante il decreto regio del 1710 e successivi, che ordinavano di seppellire i morti ad un miglio di distanza dall’ambito urbano e non più dentro le chiese.
Il primo a parlare di questa pratica, ai tempi molto usuale, fu Gastone Carlo, nella sua opera “Viaggio in Sicilia” del 1828.
Egli riporta nei suoi scritti che i cadaveri venivano posti in una stanza, distesi o seduti e serrata la porta per non farne uscire il cattivo odore; vi rimanevano per un periodo di circa un anno, quindi all’apertura si ritrovavano interi ed intatti.
In seguito in un verbale redatto dopo un’ispezione del Senatore della città di Palermo, Federico Lancia di Brolo si rileva che i cadaveri non più di 8 – 10 venivano introdotti in una stanza, distesi sopra una grata fatta di tubi di terracotta e chiuse ermeticamente le porte, vi restavano per un periodo di circa otto mesi un anno.
In seguito venivano trasportati in un luogo ventilato coperto con tettoia, dove, venivano lavati e ripuliti con acqua ed aceto, quindi rivestiti e collocati nella casse di legno o nelle nicchie lungo i corridoi. Rimanevano li solo se i parenti andavano a trovarli e portavano loro la cera per tre anni consecutivi altrimenti venivano rimossi così come prevedeva l’articolo 41 del regolamento emanato dal municipio di Palermo nel 1868.
In periodi di gravi epidemie, per la conservazione, si usava immergere i cadaveri in un bagno di arsenico o di latte di calce ed è questo il metodo utilizzato per il cadavere di Antonio Prestigiacomo riconoscibile dal colorito rossastro.
Fu pure adottato il metodo a base di farmaci inventato dal dottor Salafia del quale si sconosce il procedimento usato per il cadavere della piccola Rosalia Lombardo morta il 6 dicembre 1920. Da diciture verbali si sa che il cadavere fu trasportato nel cimitero perché il dottor Salafia procedesse all’imbalsamazione, per poi essere seppellita altrove. Ma il dottor Salafia iniziato il procedimento non poté portarlo a termine a causa della sua prematura morte e per causali eventi dei familiari della bambina il corpicino è rimasto ai piedi dell’altare oggi dedicato a Santa Rosalia.
In trecento anni, tra frati, preti, tra donne uomini e bambini, tra poveri e ricchi, tra giusti e peccatori, queste mura ospitarono innumerevoli cadaveri, molti ignoti, altrettanti importanti… Raccontarne la storia di ognuno è impossibile!
Dunque se avete uno stomaco di ferro e la morte non vi mette paura, visitate le “Catacombe” dei Cappuccini!
UTILI INFO
Orari di visita
tutti i giorni 9.00 – 12.00/15.00-17.30
Biglietto-offerta per i frati cappuccini
Info
Tel. 091 212633