Marettimo: Storia, Cultura, Tradizioni ed Escursioni alle Egadi

Per conoscere rapidamente i luoghi da visitare a Marettimo leggi: Marettimo: luoghi da visitare, escursioni e itinerario.

“Dopo Capri, Marettimo è la più bella isola italiana”. Lo ha asserito, un paio d’anni addietro, dopo una visita, Fulco Pratesi, appassionato naturalista, giornalista e Presidente del WWF italiano.

Tornando indietro nel tempo nulla si sa di ciò che pensavano di Marettimo le genti che vi hanno soggiornato nel periodo romano – bizantino e che hanno lasciato come uniche testimonianze della loro presenza una pregevole chiesetta e le mura di una abitazione tardo – romana.

Nel nostro secolo, per quanto l’amassero profondamente, quasi 1500 marettimani sono stati costretti a lasciare l’isola per emigrare oltreoceano in cerca di una sopravvivenza meno ardua. A Monterey, in California, esiste una vasta colonia di pescatori di Marettimo divenuti leggendari per i loro viaggi di 40 giorni in piccole barche a vela, verso le coste dell’Alaska per la pesca al salmone.

I loro discendenti non hanno dimenticato la loro isola e sono ancora saldissimi i legami che uniscono chi non è emigrato alle comunità di marettimiani all’estero.

Gli “indigeni” sono oggi circa quattrocento ma in estate la popolazione quadruplica per il gran numero di visitatori che raggiunge quest’isola dell’arcipelago delle Egadi. A Marettimo non esistono alberghi, non vi sono strade carrozzabili né auto (escludendo la Jeep del guardiano del faro) e lo spettacolo naturale che l’isola offre è veramente ineguagliabile.

Gli ospiti vengono alloggiati a pensione dai pescatori nelle loro case, e sono le donne di casa a preparare i pasti, sempre a base di pesce. Chi sa far da sé deve solo andare al porto, al mattino presto, ed attendere il rientro delle barche dei pescatori per acquistare a prezzi ridicoli saraghi, aragoste, aguglie e polpi per cucinarli, poi nelle cucine economiche di cui sono dotate molte stanze in affitto.

Le spiaggette solitarie si raggiungono via mare con le barche dei pescatori che, all’orario convenuto, tornano a riprendere i loro ospiti per riportarli nella “civiltà”. Essa consiste in un unico, piccolo, agglomerato urbano di semplici case di tufo, ubicato sulla costa orientale dell’isola.

La piazzetta su cui si affaccia la chiesa di S. Giuseppe è il luogo di ritrovo abituale della gente. La chiesetta è stata il primo edificio del centro abitato. Inizialmente era un magazzino dove vivevano anche le quattro, cinque famiglie che popolavano l’isola in epoca aragonese (familiari dei soldati della guarnigione del castello).

Solo ai primi del Settecento fu trasformata in cappella con il contributo di tutti gli abitanti che occupavano, allora, un primo nucleo di una decina di case. Nel 1887 la semplice cappella divenne, finalmente, chiesa.
Gli abitanti del paese sono tutti pescatori ma fino al dopoguerra erano numerosi anche i contadini.

La mancanza di collegamenti regolari e la grande distanza dalle altre isole e dalla terra ferma obbligavano gli isolani ad essere autosufficienti e così si coltivavano orzo, frumento, ortaggi.

Persino in montagna (l’isola è costituita in massima parte da rilievi alti oltre i 500 metri) si riconoscono ancora i terrazzamenti delle viti ed i confini di alcuni campi di frumento realizzati intorno ai resti della casa che ospitava il nucleo familiare.
Si trovano in un vasto pianoro che dal Pizzo Falcone (il più alto) degrada verso le falesie della costa occidentale.

Uno stretto e ripido sentiero conduce fino alle parti alte dell’isola attraversando un paesaggio naturale di assoluto interesse. Dopo un bosco di Pini d’Aleppo si attraversa una rigogliosa macchia mediterranea a Lentisco, Rosmarino, Erica, Euforbia, Biancospino.

Più sù ancora risiede la maggior parte della ventina di specie vegetali endemiche dell’isola: la Scilla Hughy, il Bupleuro a foglie di garofano (Bupleurum dianthifolium), con il Dianthus rupicolo e la Scabrosa limonifolia vivono sulle pareti verticali al riparo dal morso delle capre.

Ma anche a quote più basse e lungo il litorale si trovano alcune piante endemiche. La più diffusa e facile da osservare è l’Elicriso pendulo (Helicrisum pendulum) che ricopre, con i suoi fiori gialli, le falde del promontorio del castello di Punta Troia.

Il castello si può raggiungere via mare ma anche lungo un sentiero costiero che parte del paese. Seguendolo si attraversano angoli suggestivi ed una boscaglia di bassi e contorti Pini d’Aleppo indigeni (l’alto bosco è stato rimboschito dal Corpo forestale).

Fra essi all’ombra di un imponente Carrubo, vi è una delle numerose risorgive dell’isola. Era qui che i soldati della guarnigione si rifornivano d’acqua. Furono gli arabi, nel IX secolo, a costruire sul promontorio di Punta Troia una torre d’avvistamento.

Nel 1200, Ruggero III, la fece ampliare e nel 1600 gli spagnoli eressero l’attuale castello, adibito, in seguito, a prigione di massima sicurezza. Nella cala creata dal promontorio dove sorge il castello attraccavano, un tempo, le imbarcazioni per ripararsi dai venti di scirocco. (Si chiama infatti scalo maestro). Oggi l’abitato ha due porticcioli (lo scalo vecchio e lo scalo nuovo) ed è collegato a Trapani con due aliscafi ed una nave giornalieri.

Fino agli anni 50 non vi erano collegamenti regolari, le barche dei pescatori andavano a vela ed a remi ed anche il solo raggiungere Trapani era una traversata di notevoli impegno. Sono due le peculiarità costiere, principali di Marettimo: le numerose, grandi grotte d’abrasione marina, e le alte pareti dolomitiche che si gettano a strapiombo in un mare dai riflessi smeraldini.

La prima grotta che si incontra è quella del “Cammello”, ampia e tondeggiante. A punta Troia si apre l’enorme ingresso di quella del “Tuono”. Poco avanti vi è quella della “Pipa”, stretta e squadrata.

Quella della “Bombarda” e della “Bombardella” prendono questi nomi per i boati che vi produce il moto ondoso. La “Perciata” è ricchissima di stalattiti e depositi calcarei che, nella grotta del “Presepe”, hanno creato figure che ricordano i personaggi della natività.
Da Punta Troia fino a Punta Libeccio si ergono insospettabili pareti a strapiombo, guglie e pinnacoli dolomitici di estrema bellezza e suggestione.

Un’altra tappa d’obbligo è l’escursione a piedi verso il Pizzo Falcone e la parte montana dell’isola. Da lassù si possono ammirare gli stessi pinnacoli dalla opposta prospettiva.

Si dominano i Pizzi delle Fragole, della Madonnuzza che, vigili cattedrali rocciose, sormontano con le loro guglie aride il Castello.
Verso sud svetta M. Campana e il Pizzo Capraro che sovrastano il paese, sperduto puntino biancastro in riva al mare. Seguendo il ciglio del vasto pianoro sommitale si possono osservare vari scorci delle falesie e dei “barranchi”, canyon scoscesi dove, durante le piogge invernali, si formano delle vere e proprie cascate.

Lassù, all’alba, non è difficile incontrare alcuni esemplari dei Mufloni che sono stati introdotti anni addietro. Nel cielo Poiane e Falchi Pellegrini danno mostra di sé tutto l’anno mentre, durante le migrazioni stagionali, sostano sulle montagne i Capovaccai.

Nello stesso periodo, lungo le coste, non è difficile vedere Aironi e Garzette. A Marettimo nidificano numerose specie di gabbiani ed anche l’Uccello delle tempeste. Di notevole interesse sono, naturalmente, la fauna e la flora marina.
Da tempo è scomparsa la Foca Monaca che, fino al ‘700, viveva nl’umerosa lungo le coste isolane.

In seguito è stata progressivamente decimata dai pescatori per i danni che apportavano alle reti e per la “concorrenza” che rappresentavano. Sugli scogli, fino a qualche metro di profondità, vive abbondante l’Astroides calicularis che colora con le sue fioriture arancioni i fondali.

A mezz’acqua si incontrano ancora facilmente branchi di Spigole e Saraghi ed una moltitudine di pesci di scoglio. L’economia ed il futuro delle genti dell’isola sono totalmente legate al particolare tipo di turismo che qui si riesce ancora a vivere.

Chi viene a Marettimo lo fa proprio perché non trova alberghi ne auto, per assaporare una vacanza immersi veramente in una natura grandiosa ed ancora integra. Proprio acuendo quest’immagine di isola dalla natura incontaminata e protetta Marettimo potrà assicurare ai suoi abitanti, anche nel futuro, una esistenza più che dignitosa.

L’isola è inserita nel piano delle riserve naturali regionali ma ora che si sta avvicinando l’attuazione del piano di protezione, speculatori e faccendieri stanno cercando di ostacolare l’istituzione della riserva, strumentalizzando anche la popolazione.

L’istituzione di un Parco marino lungo parte delle coste e di una zona di protezione in montagna, ben organizzati nell’ottica di una fruizione intelligente, sono le uniche chiavi per assicurare la salvaguardia di questa ultima isola siciliana ancora in buono stato e garantire uno sviluppo armonico dell’economia e dell’occupazione della gente che qui vive.

Chiudere alla pesca alcune zone permetterà alla fauna marina di riprodursi e nel giro di un paio d’anni appena anche gli altri fondali si rigenereranno come è avvenuto, ad esempio, nel Parco marino del Circeo dove, dopo due anni di protezione, sembra oggi trovarsi nei mari del sud per l’abbondanza di pesce. Un parco naturale si visita durante tutto l’anno e ciò permetterebbe l’allungamento di una stagione che oggi è limitata solo ai mesi di luglio ed agosto.

Si potrebbero organizzare soggiorni per gruppi di studenti e di naturalisti, in primavera ed autunno, quando l’isola offre la sua veste più interessante.

Con pochi interventi il paese potrebbe diventare un vero paese – albergo dove regole generali e miglioramenti urbanistici garantirebbero una qualità di servizi maggiore senza nulla togliere allo spontaneismo ed alla indipendenza dei singoli gruppi familiari.

Su quest’isola, dove le spiagge sono senza ombrelloni e sedie a sdraio, dove il rapporto con la gente è familiare e sincero, dove il pulsare della vita è scandito ancora da gran parte dei ritmi di sempre, un soggiorno assume ancora un’autentica dimensione umana.

La semplicità dello stile di vita, delle stesse casette di tufo che si accalcano lungo le stradine, riflettono la positiva filosofia esistenziale della gente. Per loro il visitatore non è ancora un oggetto da cui spremere più denaro possibile ma un amico che deve voler ritornare.

Il forte spirito d’aggregazione ed il senso d’indipendenza dei marettimani sono riusciti, finora, a tener lontani i grandi complessi alberghieri e l’asfissiante turismo di massa ma, senza l’istituzione di un Parco naturale, si riuscirà a mantenere ancora questa favorevole e diversa economia turistica non distruttiva?

Le coste siciliane pullulanti di ville e baracche abusive, di mega complessi turistici (spesso semi-vuoti) dove gli “indigeni” svolgono al massimo le funzioni di camerieri, dovrebbero essere un monito ed un esempio.

Marettimo è ancora in tempo per rimanere ancora “l’ultima isola”.

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