Preparazione del Cous Cous – San Vito Lo Capo
Il mare sposò la terra in un armonioso contrasto di colori, sapori e profumi… Così nacque la cucina trapanese.
Uno dei piatti che esprime questo straordinario connubio è il couscous, una ricetta antichissima che lega la Sicilia al mondo arabo.
Si narra che la storia del cous cous abbia origine dagli antichi Berberi abitanti delle montagne e delle valli del Maghreb, già prima dell’invasione araba del VII secolo dopo Cristo.
Per preparare questa specie di antenato del couscous, i berberi utilizzavano soprattutto frumento, talvolta miglio e orzo, da cui ricavavano una specie di semola che impastavano con acqua o latte.
Ottenevano così delle rudimentali pappe a cui davano il nome di kuski.
Oggi il termine couscous sta ad indicare sia la semola di base sia l’intero piatto completo di tutte le altre portate che lo accompagnano – carni, legumi e verdure cucinati generalmente con molte spezie – con le varianti locali, dal Marocco alla Libia.
La tradizione del cous cous di San Vito Lo Capo, un comune trapanese che vi dedica ogni anno un’intera manifestazione, vuole che esso sia preparato con specialità di pesce.
Il cous cous va preparato in un piatto di terracotta largo e basso (detto mafaradda) in cui viene “incocciata” la semolacon l’ausilio dell’acqua, finché non si ottengono dei piccoli grumi rotondi.
Preparata la semola la si condisce con olio, sale, cipolla tagliata finemente, prezzemolo e alcune spezie, come pepe e cannella.
L’aggiunta delle mandorle tritate dona al piatto un sapore ricco e particolare.
Inizia dunque la lenta fase di cottura del cous cous, che dona alla semola un inconfondibile aroma.
A fuoco bassissimo, per circa due ore, il vapore risalirà attraverso le foglie d’alloro che ricoprono la couscoussiera, uno speciale tegame di coccio con i buchi dal fondo assai convesso, che viene posto su una pentola con del brodo di verdure in ebollizione.
Molto importante è che l’acqua non tocchi mai direttamente la semola, e che durante la cottura il vapore non sfugga.
Per sigillare la giuntura tra la pentola e la couscoussiera si può usare un cordone di soffice pane in pasta, che a fiocchetti può essere messo anche sopra il cous cous per preparare dei “cuddureddi” aromatizzati.
Pronto il cous cous, si verserà nella mafaradda e si condirà col brodo della zuppa di pesce che profuma ancora di mare, lasciandolo riposare almeno un’ora prima di servire in tavola.
La zuppa può essere preparata con diverse varianti di pesce quali scorfano, cernia, grongo e coccio.
I tranci di pesce più grandi si sistemano sopra il couscous a guarnire il piatto, e in alcune varianti si aggiungono anche cozze e gamberi.
Il cous cous secondo la tradizione va portato in tavola in un largo vaso di terracotta detto “lemmu”, e a parte in una ciotola si serve il brodo di pesce da aggiungere a piacere.
Ogni anno alla fine di settembre, a San Vito Lo Capo, il cous cous diventa protagonista di un evento famoso in tutto il mondo, che richiama migliaia di turisti e di chef internazionali.
Durante il cous cous fest, oltre alle gare gastronomiche e alle degustazioni del piatto preparato in centinaia di varianti, vi sono momenti di approfondimento dedicati ai cous cous del mondo, incontri culturali, tantissimi spettacoli e concerti di artisti famosi.
Un ringraziamento speciale va al ristorante pizzeria La Carbonella del centro di San Vito Lo Capo, che ci ha illustrato il processo di preparazione del cous cous, preparato con cura e passione da mani esperte.