Leggete questo racconto che risale al 1719, scritto dal Sacerdote palermitano Antonio Mongitore (1663-1747) nel suo lavoro letterario ” Palermo divoto di Maria Vergine e Maria Vergine protettrice di Palermo “, riguardo le origini del nome della Chiesa di Santa Maria della Catena.
Curiosi? Vediamo insieme l’articolo:
“Regnando in Sicilia il Re Martino, furono tre infelici giovani condennati a morir sulle forche: e per eseguirsene la sentenza già eran condotti al patibolo, circondati dalla turba de’ Ministri della Giustizia.
Eran già vicini alla gran piazza della marina, in cui dovean fare di loro stessi tragica scena a’ riguardanti concorsi, quando la Vergine, riguardando con occhi di pietà quegli sventurati; o ne fosse cagione la loro innocenza, ingiustamente di non commesso delitto incolpata, o il fervore delle preghiere, che commosse la clemenza della Gran Madre a protegerli, fece, che in un momento ricopertosi di folte nebbie il Cielo, si scaricasse un’improvvisa tempesta.
Alla pioggia dirotta, al vento, che soffiava terribile, allo spesso balenar dell’aere, ai tuoni, e folgori spaventevoli, che assordavano il tutto, ognun de’ Ministri, non solo non ebbe pensiero di proseguire il cammino, ma atterrito cercò il dove fuggire, per ripararsi dall’imminente pericolo.
Quindi tutti frettolosamente entrarono nella vicina Chiesetta dedicata alla Vergine, che dall’essere sul destro braccio dell’antico porto, avea allora il nome di S. Maria del Porto, e portaron seco i tre Condennati, che all’entrar della Chiesa concepirono viva speranza di scampare la morte; invocando in loro soccorso il potentissimo ajuto di Maria.
Non cessando però la tempesta, anzi vie più avanzandosi, non fu permesso a’ Ministri il partire in tutto il resto del giorno: onde furono astretti a restarsi la notte in quella Chiesa, e differire al seguente giorno l’esecuzione della sentenza.
Quindi per ben custodirsi i Rei si raddoppiaron le guardie, e s’accrebbero a gl’infelici grosse catene. Ma potean anche con maglie di diamante incepparli, poiché era in vano spesa la diligenza; e non ad altro giovevole la loro vigilanza nel fortemente legarli, che ad accrescere maggiormente il prodigio, che doveasi operare dalla Santissima Vergine.
Mentre dunque avanzata la notte le guardie intorno a’ condennati profondamente dormivano, gli afflittissimi Tre, così carichi di catene, com’erano, si strascinarono innanzi l’altare di Maria, ove una sua Immagine s’adorava, e con lagrime copiose, e preghiere, tratte dal più profondo del cuore, supplicarono la pietà della Gran Reina, a degnarsi di soccorrerli in quella estrema calamità, a conceder loro lo scioglimento delle catene, e in dono la vita.
Continuarono per buon tratto di tempo le ferventi preghiere, accompagnate da copiosissime lagrime i poveri Rei: onde il benignissimo cuore di Maria commosso a compassione, concesse loro la grazia; poiché nel mezzo della notte si sciolsero a tutti Tre le ligature, e gli caddero con maraviglia di sè stessi le catene d’intorno, senza che strepitassero alla caduta.
A questa maraviglia s’aggiunse altro portento, e fu, che si spalancò da sè stessa la porta della Chiesa; e parve loro che uscissero dalla Sacratissima Immagine queste parole. Partite alla libera; nè v’opprima alcun timore di morte: a mia intercessione già il mio divino Figliuolo, che porto in braccio, v’ha sciolto dalle catene, e v’ha concesso la vita.
Destati però all’aprir del giorno le guardie, vedendo nel pavimento le catene, e spalancata la porta della Chiesa, sopraffatti dal timore d’essere incolpati d’affettata trascuratezza nel custodire i delinquenti; e che averebbe ricaduto sul loro capo il gastigo preparato a’ condennati, uscirono sollecitamente da quel luogo per andare in traccia de’ fuggiti.
Nè fu difficile il trovarli; poichè ben presto l’ebbero nelle mani: ed ancorchè sentissero della loro bocca il miracolo operato dalla Gran Madre delle misericordie, nulladimeno rilegati furono condotti al Presidente. Innanzi di esso raccontarono francamente il ricevuto favore; e alla narrazione d’un tanto prodigio commossi quanti si trovaron presenti, apriron mille bocche a benedire la gran pietà di Maria.
Fu portata la notizia di questo avvenimento al Re Martino, e operò in sì fatta maniera il prodigioso racconto nel suo animo, che dichiarò d’un subito affatto liberi d’ogni pena i Tre condennati: giacchè erano stati aggraziati dalla Sovrana Imperatrice.
Indi si portò con la Reina Consorte per venerare l’effigie di Maria, operatrice di sì alti portenti: e con esso loro tutti gli abitatori di Palermo; avendosi divulgato da per tutto il caso maraviglioso. Molti infermi concorsero alla Chiesa della Vergine, tratti e dalla fama del miracolo, e dal desiderio della sanità; e quante furono varie le infermità, che esposero sotto gli occhi benigni della Vergine, così altrettanto varie furon le grazie, che abbondevolmente dispensò la Gran Signora a beneficio de’ suoi divoti.
Per questo gran miracolo perdè la Chiesa l’antico nome di S. Maria del Porto, e cominciò a chiamarsi della Madonna della Catena. In oltre in un Quadro, che oggi si vede collocato su la porta del sinistro lato della Chiesa, si delineò distintamente il miracolo […]”.
Una delle chiese più belle di Palermo, per questo scelta da numerose coppie di sposi per il giorno del fatidico “SI”.
E’ così chiamata perché su un muro di essa era assicurata un’estremità della catena che chiudeva l’antico porto della Cala, è opera dell’architetto Matteo Carnalivari, che la costruì a partire dal 1502.
Esempio raffinatissimo di architettura siciliana proto rinascimentale con attardati modi gotico-catalani, ha un’elegante loggia a tre archi policentrici alla sommità di una scalinata in origine realizzata a due rampe e successivamente modificata nella forma attuale dopo dei lavori voluti nel 1581 dal Vicerè Marcantanio Colonna per l’apertura del “Cassaro morto” con il conseguenteabbassamento del livello stradale.
L’edificio di culto, le cui origini vengono collocate tra il XV ed il XVI secolo, come abbiamo già accennato, presenta un gradevole prospetto in stile gotico-catalano che si ripete anche all’interno accompagnato da elementi normanni (riconducibili ai resti di una Cappella dell’epoca di Federico II) e rivisitazioni rinascimentali.
Da non perdere sono le sculture dei Gagini (Antonello e il figlio Vincenzo) che decorano la facciata, il portico e la Cappella della Madonna delle Grazie. Anche le tre navate presentano un apparato parietale ricco di pregevoli opere d’arte (soprattutto nelle Cappelle e nelle absidi) collocabili in varie epoche.
Gran parte degli affreschi sono opera di Olivio Sozzi (1690-1765).
La lapide marmorea collocata sulla cima della facciata, ricorda il miracolo della nave carica di frumento che nel corso della carestia del 1592, per intercessione della Madonna della Catena, fece scalo inaspettatamente in città, sfamando così i suoi abitanti.
Da vedere:
– Natività con Adorazione dei Pastori, tela dei primi anni del XVII secolo di autore ignoto (quarta cappella a destra);
– Natività e Adorazione dei Magi, bassorilievi sull’architrave dei due portali laterali d’ingresso, attribuiti a Vincenzo Gagini (prima metà del XVI secolo).
DOVE SI TROVA – Piazzetta delle Dogane angolo Corso Vittorio Emanuele
PER MAGGIORI INFO – 091 321529
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